+ In nomine Patris et Filii et Spiritus Sancti. Amen.
Nella prefazione a Il santo Sacrificio della Messa spiegato dal punto di vista dogmatico, liturgico e ascetico, Padre Nikolaus Gihr, prelato pontificio d’onore e Rettore spirituale arcivescovile, nonché vicedirettore del Seminario di S. Pietro, scrive di sperare “che il libro, anche in futuro, tramite la grazia e la benedizione di Dio, possa svegliare e favorire in molti cuori l’amore al Sacrificio Eucaristico, come anche un gioioso senso di sacrificio e di coraggiosa abnegazione”.
- Parte dogmatica e ascetica Prima parte
Il Sacrificio in generale
Capitolo 1. La virtù della venerazione di Dio [3]
- Il sacrificio è un agire e in esso consiste la più nobile venerazione di Dio perché, nel compiere il sacrificio, la divina Maestà è glorificata nella forma più degna e perfetta. La virtù della venerazione di Dio è la radice da cui sorge il sacrificio, che poi si evolve come il più bel fiore o il frutto più prezioso. Perciò è evidente che, per una migliore conoscenza del sacrificio, va spianata dapprima la via con la descrizione delle caratteristiche essenziali delle virtù cristiane, cioè soprannaturali, della venerazione di Dio.
- L’adorazione di Dio (religio) è una virtù morale che inclina la volontà a offrire a Dio il massimo di lode e di omaggio che Gli spetta, in quanto Egli è il Creatore e Signore e il fine ultimo di ogni cosa e dell’uomo in particolare. Lo Spirito Santo pone il seme nel giardino dell’anima; in seguito spetta a noi, con l’aiuto della Grazia divina, curare questa tenera pianta celeste, affinché porti abbondanti frutti in onore e gioia del Signore e a noi la salvezza e la benedizione. Questa virtù dunque ci rende capaci e desiderosi di offrire alla Maestà divina la dovuta adorazione. Noi adoriamo Dio poiché riconosciamo e accettiamo la sua grandezza, maestà e signoria su di noi e allo stesso tempo la nostra meschinità, miseria e dipendenza da Lui. Di conseguenza l’adorazione di Dio ha in sé due fasi: in primo luogo il gioioso riconoscere la Sua infinita perfezione e dignità, cui segue l’umilissima sottomissione alla Sua sconfinata potenza e dominio. Questa sottomissione volontaria, questo umiliarsi sotto la potente mano di Dio (I Pt 5,6), è dovuta e richiesta dalla relazione fondamentale che, in quanto creature, manteniamo nei confronti di Dio Creatore. Questa, infatti, è una relazione di piena e totale dipendenza da Dio, poiché Egli è il Creatore e fine ultimo, il nostro Redentore e la fonte della nostra beatitudine. Noi procediamo interamente da Dio e perciò dobbiamo essere in tutto per Dio: in lui, infatti, noi viviamo, ci muoviamo e siamo (At 17,28). Egli è il primo e l’ultimo (Ap 1,17), l’Eterno che, senza principio e senza fine, è vivente. Egli solamente esiste da sé e per sé, incorruttibile e immutabile; e come tale è contemporaneamente l’assoluta causa di tutto il mutabile e di tutti i mutamenti in tutto il creato. Prima dei tempi Egli, il Signore, ha fondato la Terra e i Cieli sono opera delle Sue mani: essi dovranno perire, ma Egli rimarrà; invecchieranno essi tutti: Egli li cambierà come si cambia un vestito e saranno diversi; Egli solamente rimane Sé Stesso immutabile e i Suoi anni non avranno fine (Sal. 101,26-28).
“Uno rimane, l’Eterno silente: indisturbato dai turbamenti del tempo. Uno governa potente e silenzioso per tutti i giorni” (Friedrich Wilhelm Weber).
“Chi è pari a te, Signore?” (Sal. 34,10). Dio è il mare infinito e non generato della vita: le Sue perfezioni sono inesauribili e incomparabili, imperscrutabili e ineffabili; Egli tutto trascende e tutto irradia, ineffabile e inesprimibile. La Sua maestà è infinita e incommensurabile. Dio non è semplicemente inconcepibile ed eccelso in Cielo sopra la terra: tramite la Sua potenza creatrice Egli è anche la fonte di tutte le cose, che nella loro esistenza, sostanza e agire, dipendono totalmente da Lui. Perciò Dio è il Creatore di tutto il visibile e l’invisibile, Egli è anche Signore e Sovrano su tutto quanto vive e si muove nell’Universo, per questo è il “Re dei regnanti e dominatore dei dominatori” (I Tim. 6,15) a Cui tutto deve sottomettersi. Poiché Dio onnipotente ha creato tutto ciò che esiste e tutti gli esseri sono formati dalle Sue mani, essi Gli appartengono; Egli detiene l’assoluto e perfetto diritto d’uso di tutte le creature, le quali esistono solamente per Lui e devono agire solo per Lui. Con incomparabile bellezza la Chiesa pronuncia questi pensieri nell’Ufficio dei defunti: Regem, cui omnia vivunt, venite adoremus – “Venite, adoriamo il Re per Cui vivono tutte le cose”. Solo Dio è il luogo di riposo di ogni anelito e lotta e aspirazione dei cuori. Poiché “da Lui e per mezzo di Lui e per Lui sono tutte le cose; a Lui la gloria nei secoli! Amen” (Rom 11,36).
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[3] I sostantivi ‘Gottesverehrung’ e ‘Vereherung’, spesso ricorrenti nel testo originale, sono traducibili con ‘adorazione’ e ‘venerazione’ a seconda del contesto (N.d.T.).
Si ringrazia RadioRomaLibera della collaborazione