6. Cristo, tramite la Sua morte sacrificale e meritoria, ha fatto per noi tutto ciò che era necessario e che Dio esigeva secondo la Sua severa Giustizia, perché avvenisse il condono della colpa e della pena e così fossimo nuovamente gratificati della particolare benevolenza e compiacenza che Egli mostra ai Suoi figli, eredi del Cielo. Questa salvezza per mezzo di Cristo viene chiamata spesso “Redenzione” nella Sacra Scrittura. Lì si spiega che siamo stati acquistati o riscattati per mezzo del sangue di Cristo. Ciò significa che la soddisfazione e il merito del sacrificio della Croce costituiscono il “riscatto” che Dio esigeva e che Cristo pagò, affinché venissimo liberati dalla schiavitù di Satana. Dio accettò questo riscatto come pienamente valido e Cristo lo offerse nell’abbondanza del Suo amore per noi, spezzando così le catene della schiavitù in cui eravamo afflitti e ridandoci la libertà dei figli di Dio.
“Quel grande Dragone, il serpente antico, che seduce il mondo intero, fu precipitato sulla Terra” (Ap. 12, 9), si era arrogato il dominio sull’umanità decaduta, che Dio permise come giusto castigo per i peccati. Il diavolo esercitava la sua tirannia sull’umanità, affliggendola e schiacciandola con mille tentazioni e persecuzioni, con l’orrore della morte e i tormenti dell’inferno. Cristo è dunque venuto per distruggere le opere del diavolo, cioè il peccato e la morte (1Gv 3, 8) e per espellere il principe di questo mondo (Gv 12, 30). Sulla Croce vinse e soggiogò il principe delle tenebre; perciò l’Apostolo dice: “per mezzo della morte ridusse all’impotenza colui che ha la forza della morte, cioè il diavolo”, e “liberò tutti coloro che il timore della morte teneva soggetti alla schiavitù per tutta la vita” (Eb 2, 14-15). “Se all’uscita d’Israele dall’Egitto il sangue dell’agnello operò il ripristino della libertà e il giorno in cui l’animale fu sacrificato, evitando l’ira dell’angelo, divenne una sacra e solenne ricorrenza, quanto più allora i popoli cristiani dovrebbero rallegrarsi, visto che il Padre onnipotente non risparmiò Suo Figlio unigenito, ma Lo sacrificò per tutti” (Rom 8, 32), “affinché la morte di Cristo fosse il vero Agnello del sacrificio e l’unico sacrificio (singulare sacrificium) per mezzo del quale non liberò un popolo solo dalla schiavitù del Faraone, ma il mondo intero, strappandolo dalla cattività del diavolo!” (Leone Magno).
L’assoluta supremazia di Cristo su Satana è molto ben espressa nella solenne benedizione delle Palme. “I rami delle palme annunciano l’attesa del vicino trionfo del Signore sul principe della morte; i rami dell’ulivo – dalla cui pianta è prodotto l’olio [N.d.T.] – invece annunciano l’arrivo dell’unzione spirituale. Già allora, andando incontro al Salvatore, quella beata folla sapeva interpretare, in base al significato dei segni, che Egli avrebbe combattuto contro il Principe delle tenebre – per compassione verso l’umana desolazione e per ridare la vita al mondo intero – e che, tramite la Sua morte, avrebbe prevalso su di lui. Per questo motivo Gli offrì tali doni –palme e rami di olivo –, che indicavano sia la Sua trionfale vittoria, sia anche la pienezza della Sua misericordia. Perciò le folle plaudenti si muovono all’incontro del Redentore con fiori e fanno degno omaggio al vittorioso Trionfatore. I popoli acclamano il Figlio di Dio con la bocca e le lodi a Cristo risuonano tra le nubi: Osanna nell’alto dei Cieli!”
Cristo, vincendo come “il leone di Giuda” (Ap 5, 5) sulla potenza della morte e dell’inferno, ha acquisito anche a noi la Grazia “di essere forti e sopraffare il Maligno” (1 Gv 2, 14) e ottenere “la vittoria sul signore della morte per divenire, con il Principe della Vita, partecipi della gloriosa resurrezione”. Per questo noi lodiamo il Signore che ha visitato il Suo popolo e lo ha redento, affinché, liberati dalle mani dei nostri nemici, possiamo servirLo senza timore in santità e giustizia tutti i giorni della nostra vita (Lc 1, 68-75).