Articolo 21: Il Matrimonio è il vincolo coniugale tra un uomo e una donna. Il legame è unico ed indissolubile. È unico in quanto unisce un uomo a una donna; è indissolubile in quanto li unisce fino alla morte.
«Il primo padre del genere umano… disse sotto l’ispirazione dello Spirito Santo: “Questa volta è carne della mia carne e osso delle mie ossa. Per questo l’uomo abbandonerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie: e i due saranno una sola carne”. Che questo vincolo dovesse unire e congiungere due persone, Cristo Signore lo insegnò più apertamente, quando, riferendo quelle ultime parole come pronunciate da Dio, disse: «Così che non sono più due, ma una carne sola», e immediatamente confermò la stabilità di quel vincolo, affermata da Adamo tanto tempo prima, con queste parole: «L’uomo dunque non separi quello che Dio ha congiunto» (Concilio di Trento, DH 1797-8).
Articolo 22: Il vincolo coniugale nasce con l’espresso consenso della coppia.
Articolo 23: L’indissolubilità del Matrimonio esclude il divorzio.
Il divorzio non è altro che una finzione civile: non ha sostanza ontologica. La dichiarazione di annullamento non è una forma di divorzio, bensì una dichiarazione del fatto che il Matrimonio non è mai esistito. I motivi possibili sono vari, tra cui il fatto che una o entrambe le parti fossero già validamente sposate con un’altra persona o fossero consacrate o non sapessero cosa fosse il Matrimonio.
Articolo 24: La finalità primaria del Matrimonio è il bene della prole; la secondaria è il bene degli sposi. La prima è intesa come procreazione ed educazione dei figli; la seconda è intesa come l’amore sponsale: l’assistenza reciproca ed il rimedio alla concupiscenza.
«…fra i beni del matrimonio la prole occupa il primo posto. E veramente lo stesso Creatore del genere umano, che nella sua volontà volle servirsi come di ministri degli uomini per la propagazione della vita…» (Casti connubii, DH 3704); «…sia nello stesso matrimonio, sia nell’uso del diritto matrimoniale, si contengono anche fini secondari, come sono il mutuo aiuto, l’affetto vicendevole da accrescere e la quiete della concupiscenza, fini che ai coniugi non è proibito di volere, purché sia sempre rispettata… la sua subordinazione al fine principale» (Casti connubii, DH 3718).
Chiaramente l’assistenza reciproca degli sposi è orientata alla procreazione e all’educazione dei figli, perché la prima finalità determina cosa sia il Matrimonio e ciò a cui debba essere indirizzata di conseguenza l’assistenza reciproca. Allo stesso modo la quiete della concupiscenza è orientata alla stessa prima finalità.
Cosa significa il rimedio o la quiete della concupiscenza? Significa che il desiderio carnale, che, accanto alle altre emozioni e ai sensi, è stato disordinato dal Peccato originale, trova nel Matrimonio un contesto per il suo legittimo e onesto compimento.
Notiamo una nuova tendenza nell’insegnamento della Chiesa, che presenta l’amore sponsale come il fine primario del Matrimonio, relegando così la procreazione al secondo posto. Secondo questo stesso insegnamento l’amore sponsale non è più definito in termini di mutua assistenza e non c’è più alcun riferimento al disordine della concupiscenza. L’insegnamento è sia poco chiaro, sia opposto alla Tradizione.