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Ep. XIX – La mutevolezza della Verità e la falsità del principio del flusso

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Modernismo
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Ep. XIX - La mutevolezza della Verità e la falsità del principio del flusso
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  1. La mutevolezza della Verità

 

Considereremo qui:

  1. la motivazione per cui si ritiene che la Fede sia mutevole;
  2. la falsità del principio del flusso.

 

  1. La motivazione per cui si ritiene che la Fede sia mutevole

 

Contro l’insegnamento cattolico secondo cui la Fede è immutabile, abbiamo visto il concilio esprimere il principio del “flusso” con l’affermazione che la Chiesa “tende incessantemente alla pienezza della verità divina[1]; che nell’esprimerla necessita di una “continua riforma[2]; che “i cristiani si uniscono agli altri uomini per cercare la verità[3]; che ciò avviene tra l’altro “attraverso il dialogo[4], concepito esso stesso come un processo senza fine.

Ciò che rende convincenti tali testi conciliari è il pensiero che la Verità oggettiva nella sua pienezza e Dio Stesso nella sua pienezza (che in ultima analisi sono la stessa cosa) siano effettivamente del tutto inaccessibili e inesprimibili per l’uomo, in quanto l’uomo non sarà mai in grado di raggiungere, conoscere o esprimere pienamente la Verità oggettiva o Dio Stesso. Il pensiero, in altre parole, che per conoscere la Verità, per possederla o per esprimerla nella sua pienezza, occorra conoscerla pienamente[5]. Questo, però, non è vero. Per conoscere qualcosa ed esprimerlo adeguatamente, non è necessario conoscerlo nella sua pienezza. Anzi, Aristotele afferma che non è possibile conoscere pienamente nemmeno un moscerino.

La Chiesa insegna, per contro, che possiamo effettivamente conoscere la Verità divina e Dio, anche se non pienamente: è questo, del resto, l’oggetto della Rivelazione, di quanto Dio ci ha rivelato; la Chiesa, inoltre, esprime infallibilmente questa Verità nei Suoi dogmi. La Chiesa insegna anche che la Fede è la conoscenza di Dio, come abbiamo già dichiarato sopra, così come la Visione Beatifica è la conoscenza di Dio. La prima è per questa terra, la seconda per il Cielo; la prima è oscura, la seconda è chiara, ma entrambe sono ugualmente forme della conoscenza: ‘In questo momento noi vediamo traverso uno specchio in enigma, allora vedremo faccia a faccia; ora io conosco parzialmente, allora conoscerò per intiero, come anch’io sono stato conosciuto’ (I Cor 13, 12). Possiamo vedere un albero di notte; possiamo vedere lo stesso albero di giorno: entrambe sono ugualmente forme della visione.

Non sarà mai possibile, d’altro canto, per l’intelletto creato conoscere pienamente Dio: solo Dio può conoscere pienamente Sé Stesso, poiché solo l’Infinito può comprendere l’Infinito. Anche in Paradiso non raggiungeremo mai la pienezza infinita della conoscenza di Dio: lì tenderemo veramente alla sua pienezza, ma senza mai raggiungerla.

 

  1. La falsità del principio del flusso

 

‘Ainsi toujours poussés vers de nouveaux rivages

Dans la nuit éternelle emportés sans retour…’ [6]

 

Nota storica

 

La teoria secondo cui tutte le cose sono in flusso ha origine nella filosofia di Eraclito (VI secolo a.C.) e, intorno allo stesso periodo in Oriente, nel pensiero pre-filosofico del “Buddha”.

Nel pensiero modernista, il principio del flusso è tipicamente considerato positivo, in quanto si ritiene che porti a ciò che è migliore (in sé o nella sua espressione più adeguata della verità). Come tale è conosciuto come “evoluzione”[7]. I casi di flusso, che abbiamo visto nella nostra discussione precedente, hanno tutti un carattere positivo, evolutivo; vedremo poi altri esempi negli insegnamenti conciliari, come quello sulla presunta progressione della Chiesa verso la santità.

Il tipo di evoluzione che è stato oggetto particolare del Magistero è la presunta evoluzione del dogma. Si possono far risalire alle tesi del filosofo Maurice Blondel le origini di questa teoria, della quale questi ha gettato le basi nel suo libro del 1893 L’Action, che propugna una forma di “religione del cuore” soggettivista e immanentista. Il sacerdote irlandese modernista George Tyrrell, in un articolo intitolato On the Relation of Theology to Devotion del 1899, mettendo in rilievo la propria affinità con il filosofo francese, identificò la Rivelazione con l’esperienza religiosa e sostituì l’esperienza religiosa sia alla Fede che alla Ragione. Successivamente, nel 1907, il Programma dei modernisti italiani. Risposta all’enciclica di Pio X Pascendi dominici gregis[8] professa ‘l’evoluzione intrinseca e illimitata dei dogmi, il cui significato e valore non proverrebbe dal loro immutabile contenuto, ma dall’emozione soggettiva che può suscitare nella coscienza umana’.

Vediamo, insomma, come nel contesto di quell’immanenza, che è il nucleo stesso della visione del mondo modernista, l’esperienza religiosa venga privilegiata al dogma e con la sua mutevolezza si pretenda che offra il terreno per la mutevolezza del dogma[9].

_________________________

[1] S. 3 supra.

[2] B I (b) 3 supra.

[3] S. 1 supra.

[4] S. 1 supra.

[5] Il pensiero, tecnicamente parlando, che alla pienezza ontologica debba corrispondere la pienezza epistemologica.

[6] ‘Così sempre spinti verso nuovi lidi, nella notte eterna portati senza ritorno …’. Le Lac, Alphonse de Lamartine.

[7] Teilhard de Chardin ha unito l’interesse per l’evoluzione dogmatica a quello per l’evoluzione antropologica. Quest’ultima continua a godere di popolarità nei programmi scolastici. Ci si potrebbe chiedere che cosa lui o le autorità educative di oggi si compiacciano di pensare che l’uomo stia diventando. Dio? Vi sono più ragioni per ritenere che stia diventando una scimmia.

[8] Il libro che il professor de Mattei definisce “il documento forse più significativo del modernismo”, del quale il principale autore è il modernista don Ernesto Buonaiuti.

[9] RdM I .2 (b).

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