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Ep. XIV – Naturalismo e Soggettivismo

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Ep. XIV - Naturalismo e Soggettivismo
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  1. Naturalismo

Ciò che è più notevole in questi testi conciliari è che la Verità che essi propongono ai cattolici è una Verità di ordine meramente naturale, mentre la Verità che salva, la Verità che la Chiesa desidera impartire a tutti gli uomini, appartiene essenzialmente all’ordine soprannaturale. Questa tendenza naturalizzante può essere vista sotto tre aspetti:

a) nell’affermare che i membri della Chiesa devono cercare la Verità religiosa o morale in collaborazione coi non-cattolici, il concilio sta di fatto proponendo a tutti gli uomini una Verità meramente naturale, in virtù del fatto che i non-cattolici negano la Rivelazione (la Fede); ciò comporta che qualsiasi verità essi abbiano modo di scoprire insieme ai cattolici sarà, al massimo, di ordine puramente naturale;

b) nell’appellarsi ai dati della legge eterna e della “coscienza” – che, senza qualificazione, è intesa soggettivamente – (nei testi I, II e III), il concilio si rifà a fonti di verità puramente naturale;

c) nel descrivere una forma di verità che si impone con la propria forza (nel testo IV), descrive ciò che è una caratteristica psicologica della sola verità naturale o razionale. La verità soprannaturale, al contrario, non si impone al soggetto, poiché, trascendendo l’ordine naturale, per essere accettata dalla mente necessita dell’assenso dell’intelletto, della volontà del soggetto e dell’assistenza della Grazia soprannaturale[1].

2. Soggettivismo

 Oltre al passaggio dall’ordine soprannaturale a quello naturale, in tutti e quattro i testi sopra citati, osserviamo anche un passaggio dall’ordine oggettivo a quello soggettivo: dall’autorità della Chiesa alla visione condivisa e dalla Verità alla ricerca della verità o più precisamente dal possesso di e dall’assenso alla Verità alla ricerca e alla scoperta della verità. I mezzi attraverso i quali la ricerca in questione dovrebbe realizzarsi sono i principi soggettivi della libera indagine, della comunicazione, del dialogo e della coscienza (da intendersi soggettivamente).

Per quanto riguarda la coscienza in particolare, va detto che essa non è una facoltà mentale autonoma che raggiunge infallibilmente la Verità. Né il concilio può legittimamente appellarsi a una “coscienza corretta” senza fornire alcun criterio oggettivo per la sua correttezza. Piuttosto la coscienza è fallibile e deve essere informata dalla Verità oggettiva della Rivelazione divina.

Alla luce di tutto questo vediamo come il concilio dia priorità al soggettivo sull’oggettivo o in altre parole al Bene (cioè il bene apparente: ciò che sembra all’uomo essere buono) sulla Verità oggettiva.

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[1] Notiamo una simile confusione nel discorso di apertura di papa Giovanni XXIII del 20 ottobre 1962, ripetuta nel discorso di apertura di papa Paolo VI del 29 settembre 1963, con le parole: la Chiesa preferisce “andare incontro alle necessità odierne, esponendo più chiaramente il valore del suo insegnamento piuttosto che condannando”. La differenza psicologica tra la verità naturale e quella soprannaturale è illustrata mirabilmente da Tertulliano in “La risurrezione della carne” (cap. 3): “Perché ciò che magnifica il senso comune degli uomini è la sua stessa semplicità e la sua partecipazione agli stessi sentimenti e la sua comunità di opinioni ed è ritenuto tanto più affidabile, in quanto le sue dichiarazioni definitive sono nude e aperte e note a tutti. La ragione divina, al contrario, si trova nel cuore e nel midollo delle cose, non in superficie, e molto spesso è in contrasto con le apparenze”.

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