Articolo 15: Adamo ed Eva furono dotati della grazia soprannaturale e di altri doni che trascendono la natura umana.
«Se qualcuno non ammette che il primo uomo Adamo, avendo trasgredito nel paradiso al comando di Dio, ha perso all’istante la santità e la giustizia nelle quali era stato stabilito… sia anatema» (Concilio di Trento, DH 1511).
In questa dichiarazione dogmatica il termine «santità» si riferisce alla grazia santificante, il termine «giustizia» si riferisce sia a questo dono soprannaturale che agli altri doni soprannaturali. Questi ultimi consistono nella possibilità di non soffrire e di non morire, nella libertà dalla «concupiscenza» (vedi sotto) e nel dono della conoscenza adeguata al loro particolare stato di vita.
Articolo 16: Il primo uomo, tentato di fare il male dal Diavolo sotto forma di un serpente, trasgredì ad un comandamento che era stato dato da Dio per provare la sua obbedienza.
Il senso letterario e storico della Bibbia non può essere messo in discussione quanto a «… l’ordine dato da Dio all’uomo per mettere alla prova la sua obbedienza; la trasgressione dell’ordine divino per istigazione del diavolo sotto l’apparenza di un serpente; la perdita dei progenitori di quel primitivo stato d’innocenza…» (Commissione Biblica, Domanda 3, DH 3514).
La Tradizione completa questo articolo insegnando che la prima coppia peccò anche di orgoglio, come hanno fatto d’altronde anche gli angeli ribelli. La base scritturale è fornita dalle parole del Seduttore: «Sarete come Dio, conoscendo il bene e il male». Adorarono quindi sé stessi e tentarono di diventare come Dio, ma «senza Dio e anteponendosi a Dio, non secondo Dio» (san Massimo il Confessore, Ambiguorum liber: PG 91, 1156).
Articolo 17: Il peccato di Adamo ed Eva è noto come Peccato originale. Si trasmette ai loro discendenti come colpa del peccato, il quale consiste in una privazione della grazia soprannaturale.
«Se qualcuno afferma che la prevaricazione di Adamo nocque a lui solo e non anche alla sua discendenza; che perse soltanto per sé e non anche per noi la santità e la giustizia ricevute da Dio… sia anatema» (Concilio di Trento, DH 1512).
Il Peccato originale, nello stesso tempo in cui priva il genere umano intero della grazia soprannaturale, la priva anche della «giustizia», cioè della possibilità di non soffrire e di non morire e della libertà dalla concupiscenza. La concupiscenza (in senso ampio) consiste nella difficoltà di conoscere la verità nella debolezza della volontà, nel retrocedere davanti alle difficoltà nella lotta per il bene e nel desiderio di appagare i sensi contro il giudizio della ragione.
Il Peccato originale dà così origine alla natura caduta: una natura in preda alla morte, alla sofferenza, alla debolezza dell’intelletto e della volontà e ad una certa mancanza di controllo sui movimenti inferiori dell’anima, comprese le emozioni e la sensualità. In seguito al peccato originale, l’umanità viene pure sottoposta all’influsso del Diavolo.
Adamo ed Eva persero i doni della grazia e della giustizia (a parte il dono della conoscenza, che avevano ricevuto per il loro stato di vita) sia per sé stessi che per il genere umano intero, perché entrambi avevano ricevuto questi doni non solo per sé stessi, ma anche come rappresentanti del genere umano intero.
Nostro Signore e la Sua Santissima Madre furono naturalmente preservati immuni dalla «macchia del Peccato originale» ossia, in senso ampio, dalla perdita della grazia e dalla concupiscenza. Nostro Signore Gesù Cristo è naturalmente immune da esso già in quanto Persona divina, nella quale nulla di imperfetto può sussistere; né alcuna imperfezione può intaccare la Sua natura umana in virtù dell’intima unione di essa alla Sua Divinità, «l’Unione ipostatica». Eppure né Lui né la Madonna furono ovviamente immuni da tutte le conseguenze del Peccato originale, dal momento che il Signore ha sofferto più di qualsiasi altra persona (e la Sua Santissima Madre accanto a Lui).