Padre Cornelius a Lapide
PREFAZIONE AL VANGELO DI S. GIOVANNI
seconda parte
Così nel primo capitolo di Ezechiele, [san Giovanni] è paragonato ad un’aquila che vola al di sopra di tutti gli altri uccelli. Questa sua dignità ed eccellenza speciale, così come la sua conseguente ermeticità, possono essere considerate sotto tre aspetti.
In primo luogo, la sua materia e il suo ambito. Solo san Giovanni tratta della divinità di Cristo, dell’origine, dell’eternità e della generazione del Verbo, del soffio dello Spirito Santo, dell’unità di Dio, delle relazioni e degli attributi divini. Matteo, Marco e Luca si occupano delle azioni dell’umanità di Cristo. Per questo motivo i Padri traggono da san Giovanni quasi tutti i propri argomenti contro gli ariani, i nestoriani, gli eutichiani e simili eretici.
In secondo luogo, l’ordine del tempo. Sappiamo che la Chiesa, come l’alba del giorno, avanzava con la successione del tempo fino al giorno perfetto della conoscenza dei misteri della fede. Così i sacri scrittori del Nuovo Testamento, gli Apostoli e gli Evangelisti, scrivono su di essi molto più chiaramente di Mosè e dei Profeti dell’Antico Testamento. Giovanni fu l’ultimo di tutti e il suo Vangelo fu la sua ultima opera. Lo compose quindi come una sorta di corona di tutti i libri sacri.
In terzo luogo, l’autore. Solo san Giovanni è stato ritenuto degno di vincere l’alloro di tutti i santi. È infatti un teologo, anzi il principe dei teologi. È anche un apostolo, un profeta e un evangelista. Ancora, è sacerdote, vescovo, sommo sacerdote, vergine e martire. Che san Giovanni sia sempre rimasto vergine è affermato da tutti gli scrittori antichi, nello specifico da Tertulliano (De monogamia) e da san Girolamo (Adversus Jovinianum). A lui, dunque, come vergine, Cristo dalla croce raccomandò la Sua Vergine Madre. Perché “beati i puri di cuore, perché vedranno Dio“, come dichiara la Verità Stessa.
Il Figlio Unigenito, che è nel seno del Padre, ha fatto conoscere a questo Suo castissimo e amatissimo amico, che si è adagiato sul Suo petto, le cose nascoste e i sacramenti della Divinità, che erano stati tenuti segreti fin dalla fondazione del mondo. Giovanni ci ha dichiarato lo stesso, come un figlio del tuono, che tuona e illumina il mondo intero con la Divinità del Verbo. Come una folgore infuocata “ha fatto risplendere il mondo“; e con il fuoco dell’amore lo ha infiammato. Ne sia testimone il discorso di Cristo, il più lungo e l’ultimo, pronunciato dopo la cena (San Giovanni 13 e seguenti), che non sprigiona altro che l’ardore dell’amore Divino.
Si vedano altre affermazioni dello stesso tenore in san Cirillo, sant’Agostino e san Crisostomo (Prœm. in Joan.). Per la verità, san Crisostomo osa dire che san Giovanni nel suo Vangelo ha insegnato agli angeli i segreti del Verbo Incarnato, che prima non conoscevano, e che perciò è il Dottore dei cherubini e dei serafini. Lo dimostra con il passo di san Paolo in Efesini 3, “affinché ora fosse nota ai Principati e alle Podestà dei cieli, per mezzo della Chiesa, l’infinitamente varia sapienza di Dio“. “Se – dice – i principati e le potenze, i cherubini e i serafini, hanno appreso queste cose attraverso la Chiesa, è molto evidente che gli angeli lo ascoltano con la più profonda attenzione. Non è dunque lieve l’onore che otteniamo nel fatto che gli angeli siano nostri condiscepoli nelle cose che non conoscevano“.