Significato ed efficacia del sacrificio nell’Antico Testamento
Con il primo peccato dei progenitori, a causa del quale tutto il genere umano decadde, fu distrutto l’ordine primordiale della Grazia. Dio non volle lasciare che il mondo infelice sprofondasse nell’abisso della miseria terrena e nella morte eterna, ma nel Suo immenso amore e bontà volle liberare l’umanità prigioniera, rialzarla e arricchirla dei beni della Grazia e della gloria. Questa riabilitazione doveva avvenire nella pienezza dei tempi “mediante la Redenzione che è in Cristo Gesù” (Rom 3,24). Gesù Cristo, tramite il Suo sacrificio sulla croce, è la salvezza per tutto il mondo e per tutti i secoli: sin dall’inizio non fu dato agli uomini nessun altro nome sotto il Cielo per ottenere la beatitudine al di fuori di nostro Signore e Redentore Gesù Cristo (At 4,11).
Anche nell’epoca precristiana, quindi, nessuno poteva accedere alla vita di grazia e all’eterna salvezza senza l’unione con Cristo: ma questa unione poteva avvenire allora solo tramite la fede soprannaturale nel Redentore promesso. Per rendere possibile la fede, necessaria alla Salvezza per tutta l’umanità, come anche la speranza e la carità, il cui fondamento è la fede, Dio ha donato in tutti i tempi il Suo ausilio e la Sua Grazia. “Il mistero della Redenzione non fu mai, anche nell’Antico Testamento, senza effetto. Dio non ha provveduto alle vicende umane con un nuovo decreto e nemmeno con una misericordia prevista nel futuro, ma sin dalla fondazione del mondo Egli ha aperto e indicato per tutti un’unica sorgente della salvezza. Infatti, la Grazia di Dio – tramite cui tutti i Santi furono sempre giustificati – alla nascita di Cristo fu solamente aumentata e non conferita per la prima volta. E questo mistero d’immenso amore, da cui ora tutto il mondo è compreso, era anche nella sua prefigurazione talmente efficace in coloro che avevano creduto al mistero promesso, che essi non furono da meno di quelli che hanno poi ricevuto il dono”.