Articolo 6: Nostro Signore Gesù Cristo si è incarnato al fine di salvare l’umanità.
«Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo e per opera dello Spirito Santo si è incarnato nel seno della Vergine Maria e si è fatto uomo». (Simbolo niceno-costantinopolitano)
Articolo 7: Egli ha salvato l’uomo tramite la morte in croce.
«Questo Dio e Signore nostro, dunque, anche se si fosse immolato a Dio padre una sola volta, morendo sull’altare della croce per compiere per loro una redenzione eterna…» (Concilio di Trento, DH 1740)
Ad eccezione della Sua Santissima Madre (che è l’unica persona umana a non aver mai peccato), Dio ha salvato tutti gli uomini dai loro peccati: dal Peccato originale e dai peccati personali ovvero da quelli commessi da tutti coloro che hanno raggiunto l’uso della ragione.
Ma perché ha salvato l’umanità assumendo la nostra carne e morendo sulla croce? Essendo Dio onnipotente, avrebbe potuto semplicemente perdonare all’uomo i suoi peccati con un mero atto della Sua volontà divina. Perché, allora? Il peccato di Adamo, come del resto tutti i peccati, è un’offesa contro un Dio infinito e quindi un’offesa infinita. Sant’Anselmo sostiene in Cur Deus Homo che un reato infinito può essere espiato solo da una riparazione infinita. Una riparazione infinita può, tuttavia, essere offerta solo da un Dio infinito. Quindi Dio Stesso ha dovuto espiare il peccato dell’uomo. Ma perché è divenuto uomo per questo scopo? Perché, secondo i rigori della giustizia, il peccato dell’uomo deve essere riparato da un uomo.
In sintesi: il peccato contro Dio deve essere riparato da Dio; il peccato dell’uomo deve essere riparato dall’uomo. Così il peccato dell’uomo contro Dio deve essere riparato sia da Dio che dall’uomo: vale a dire dal Dio-Uomo, Gesù Cristo.
Ma qui sorge un’ulteriore domanda: perché nostro Signore ha sofferto così abbondantemente nella Sua passione e morte? Papa Clemente VI insegna che una sola goccia del Suo sangue sarebbe bastata per redimere l’intero genere umano. Eppure, «immolato sull’altare della croce egli lo ha effuso non come piccola goccia di sangue… ma in modo copioso, quasi una specie di flusso traboccante» (Unigenitus Dei Filius, DH 1025). San Giovanni Crisostomo risponde: «Ciò che è bastato alla Redenzione, non è bastato all’amore». San Tommaso d’Aquino aggiunge: «Cristo ha offerto a Dio più di quanto esigesse l’espiazione dell’offesa del genere umano, in quanto ha sofferto per amore».
Concludiamo che Dio si è incarnato, ha sofferto ed è morto in croce per soddisfare pienamente le esigenze sia della giustizia che dell’amore.