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Ep. XVI – Il deposito della Fede e la sua espressione

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Modernismo
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Ep. XVI - Il deposito della Fede e la sua espressione
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  1. Si deve fare una distinzione radicale tra il deposito della Fede e la sua espressione

 Non si può fare una tale distinzione radicale fra il deposito della Fede e la sua formulazione, espressione o conoscenza. Il deposito della Fede, infatti, è la Verità[1] e la Fede è la conoscenza di tale Verità[2]; la verità è legata alla conoscenza della verità da un rapporto di corrispondenza. La verità è “la corrispondenza della cosa e dell’intelletto“: adaequatio res et intellectus.

  1. La veridicità della seconda è dubbia

L’espressione del deposito della Fede non si può mettere in dubbio, poiché l’espressione del deposito della Fede non è altro che il dogma stesso e il dogma è verità soprannaturale. Questa verità soprannaturale è infallibilmente fissata e proposta alla nostra fede “dalla Chiesa, o con solenne definizione, o con il magistero ordinario e universale[3].

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La formulazione di una tale distinzione radicale tra il deposito della Fede e la sua espressione, così come l’insinuazione di un dubbio circa quest’ultima, costituisce una manovra modernista condannata sia da san Pio X[4] che da papa Pio XII[5]. Il primo descrive la nozione di Fede dei modernisti come qualcosa di distinto dalle formule mutevoli usate per esprimerla; il secondo descrive la loro nozione di una Fede spogliata di “elementi estrinseci“, che si possono esprimere in accordo con la “filosofia moderna“, con le “necessità moderne” o con gli atteggiamenti dei non-cattolici.

  1. Quest’ultima dovrebbe quindi essere oggetto di riforma

 Ora, l’espressione del deposito della Fede, come abbiamo appena visto, è il dogma, ma il dogma non può essere “riformato” (testo I), cioè cambiato in meglio. La ragione di ciò è duplice: primo, il dogma è senza difetti; secondo, è immutabile e quindi non può essere assolutamente modificato. La dottrina secondo la quale il dogma può cambiare (vale a dire in un modo sostanziale) è un’eresia, come dichiarato nel Concilio Vaticano I[6] e nel Lamentabili[7]. Dire, più precisamente, che esso deve essere cambiato per renderlo accessibile agli uomini d’oggi (testo II) è ciò che papa Pio XII chiama “relativismo dogmatico” e qualcosa che renderebbe “lo stesso dogma simile a una canna agitata dal vento[8].

Il dogma, verità soprannaturale, è soggetto a sviluppo solo in senso materiale, cioè nella chiarezza e nella profondità della sua comunicazione. La Chiesa dichiara in particolare: “… che ci sia crescita e abbondante progresso nella comprensione, nella conoscenza e nella saggezza … ma solo all’interno dello stesso dogma, dello stesso significato, dello stesso giudizio[9].

Quanto al fatto che il dogma non possa cambiare in modo sostanziale, citiamo come autorità patristica il seguente passo di sant’Ireneo[10]: “La Chiesa … crede questi argomenti [di dottrina] come se avesse una sola anima e un solo e medesimo cuore e li proclama e li insegna e li tramanda con perfetta armonia, come se possedesse una sola bocca. In effetti, sebbene le lingue del mondo siano tutte diverse, nondimeno l’importanza della Tradizione è una e la stessa. Le chiese, che sono state fondate in Germania, infatti, non credono o tramandano alcunché di differente, né quelle in Spagna, né quelle in Gallia, né quelle in Oriente, né quelle in Egitto, né quelle in Libia, né quelle che sono state stabilite nelle regioni centrali del mondo. Invece, come il sole, creatura di Dio, è uno e lo stesso in tutto il mondo, così anche la predicazione della verità risplende ovunque e illumina tutti gli uomini che sono disposti a venire a conoscenza della Verità”.

Quanto al fatto che il dogma possa cambiare in senso materiale, ci riferiamo all’analogia patristica del sole nel corso della giornata: in sé immutabile, ma nella sua espressione più debole all’alba e più luminoso a metà giornata. Il fatto che la comunicazione del dogma possa svilupparsi in chiarezza e profondità non implica che la sua espressione passata sia meno accurata (testo I) o meno adatta (testo II).

Procedendo nel presente libro, vedremo come quel sole, che è la Verità dogmatica e in ultima analisi Dio Stesso, sia stato oscurato dal Concilio, fino a entrare oggi definitivamente in eclissi.

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[1] Ontologica.

[2] Logica.

[3] Concilio Vaticano I, sess. 3, ch. 3, de Fide.

[4] In Pascendi, 12.

[5] In Humani Generis, s.14 e in generale in 14-17.

[6] Si quis dixerit, fieri posse, ut dogmatibus ab Ecclesia propositis aliquando secundum progressum scientiae sensus tribuendus sit alius ab eo, quem intellexit et intelligit Ecclesia, A.S. “Se qualcuno dirà che può accadere che ai dogmi della Chiesa si possa un giorno – nel continuo progresso della scienza – attribuire un senso diverso da quello che ha inteso e intende dare la Chiesa: sia anatema”. de Fide, sess. 3, ch. 4, can. 3.

[7]La verità non è più immutabile dell’uomo, in quanto è evoluta con esso, in esso e attraverso di esso”, proposizione sottoposta a condanna n. 58. Si veda la nostra ulteriore discussione circa l’impossibilità del cambiamento dogmatico nella sezione sul flusso (d) 2 più avanti.

[8] Humani Generis, 17.

[9] Vaticano I, Dei Filius, c. 4.

[10] Adversus Haereses I. 10.

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