/
RSS Feed
Sermone CXI
Nel Tempo Pasquale, le testimonianze del Signore
(prima parte)
- Nessuno che sia credente anche solo di nome dubita che la felicità della patria eterna verso la quale tende il nostro pellegrinaggio così come all’opposto i tormenti dell’inferno preparati per gli empi superano non solo tutti i sensi del nostro corpo, ma anche ogni capacità di intelligenza del cuore. E volesse il cielo che vivesse in tutti una tale convinzione e che seguisse, come è giusto, a tale credenza da una parte il desiderio e dall’altra il timore! Perché mai non desideriamo di passare anche in mezzo alle spade o, se fosse necessario, di essere bruciati a metà, pur di abbandonare una tale miseria e correre verso una gloria così grande, se non perché la nostra fede è insensibile e morta? Ma per mettere il colmo all’infelicità, si aggiunge un altro ostacolo alla nostra salvezza, che diventa un’occasione di perdizione ed è che, nel valutare questi due esiti della vita, il nostro sentimento non è in sintonia con il nostro giudizio, anzi, nel considerare le due vie non teniamo abbastanza conto neanche del giudizio della Verità. Non ci si stupisca allora se il desiderio non è mosso da alcun gusto della virtù, dato che è intorpidito anche rispetto alla beatitudine eterna o, se non gli mette paura l’amarezza che prova ora per i peccati, quando non si spaventa neppure davanti agli eterni supplizi preparati per il diavolo e i suoi angeli. Questo si spiega solo con il fatto che anche in altre cose siamo abituati a bramare ciò che dà gioia e a temere ciò che ci dà fastidio, con tanto più ardore quanto più sentiamo queste cose come vicine, anche se sono molto meno importanti di altre.
- C’è una cosa che stento a capire ed è perché mai la nostra fede, che sul futuro sembra così sicura, diventa titubante quando sia in gioco il presente. O figli di Adamo, siete così fatui da non saper giudicare e distinguere ciò che è vero, quando avete le promesse sia per questa vita che per quella a venire? Nella vostra esperienza immediata vi mostrate infatti talmente increduli e infedeli che appare chiaramente come la fede nelle promesse future, che vi è rimasta, lo sia solo per aumentare la vostra dannazione. La stessa considerazione vale per le minacce. Non è forse vero, infatti, che colui che asserisce che un regno è pronto per gli eletti ed un fuoco per i reprobi sia il medesimo che con la stessa bocca e con la stessa verità attesta che chiunque non va a lui debba faticare e portare pesi gravosi, mentre chi vada a lui non verrà meno, come la nostra pusillanimità ci fa temere, ma sarà rifocillato da lui? Colui che promette un regno di gioia ineffabile è lo stesso che assicura come il suo giogo sia dolce e il suo carico leggero. Colui che promette la felicità eterna nella patria è lo stesso che promette un riposo e un sostegno ora, lungo il cammino. Del resto, il Profeta dice: «Quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore d’uomo, Dio le ha preparate per coloro che lo amano» e ci crediamo facilmente tutti. Lo stesso Signore dei profeti dice: «Venite a me voi tutti che siete affaticati e oppressi e io vi darò ristoro; prendete il mio giogo sopra di voi e troverete riposo per le vostre anime: il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero», ma quanti distolgono da queste parole le orecchie del loro cuore! Non osano infatti distogliere quelle del corpo. Quale incredulità è mai questa! Quale follia! Come se la sapienza potesse sbagliarsi o la verità volesse ingannare! Come se la verità non volesse dare ciò che offre o l’onnipotenza non fosse in grado di dare ciò che promette.