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Ep. III – Gli atti religiosi interiori ed esteriori

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Liturgia
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Ep. III - Gli atti religiosi interiori ed esteriori
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+ In nomine Patris et Filii et Spiritus Sancti. Amen.

 

Gli atti religiosi di culto devono essere soprattutto interiori, cioè compiuti spiritualmente e con il cuore; ma poi si devono manifestare anche esteriormente, essere visibili, per così dire, attraverso il corpo. La venerazione di Dio, così come viene esercitata dagli uomini, comprende dunque atti interiori ed esteriori. Allo stesso tempo non bisogna dimenticare che i culti esteriori, quando vogliono essere davvero graditi a Dio e rivolti alla Sua glorificazione, devono essere sempre animati e vivificati interiormente. La venerazione esteriore di Dio deve procedere dal cuore, espressione della vita interiore dell’anima, dimostrazione religiosa del timore reverenziale e della sottomissione dello spirito, secondo le parole del Profeta: “Il mio cuore e le mie membra esultano pensando a Iddio vivente” (Sal 83, 3).

Perché viene richiesta dagli uomini anche la venerazione esteriore di Dio?

L’uomo non è puro spirito come gli angeli, ma è una creatura spirituale e corporale. Come tale egli deve onorare e glorificare Dio in una maniera conforme alla sua natura sensibile e razionale. Questo però è possibile solamente quando anche il corpo partecipa ai suoi atti di venerazione a Dio, cosicché tramite i gesti esteriori sia rivelato il suo stato d’animo religioso.

L’uomo, in tutto il suo essere, è creatura dipendente da Dio, al Quale egli appartiene con corpo e anima: perciò è anche obbligato a rendere omaggio al suo Creatore e Signore Che lo sostiene, a onorarLo e a servirLo con tutte le facoltà dell’anima e del corpo, attraverso azioni spirituali e corporali.

Inoltre si deve aggiungere che il corpo del cristiano è anche tempio dello Spirito Santo, perché tramite la Grazia viene santificato e con la gloria verrà trasfigurato. Perciò la Chiesa implora Dio di guidarci affinché “non solamente con l’anima, ma anche con il corpo Lo vogliamo servire ora e sempre, vogliamo piacerGli ed esserGli devoti”.

Infatti ne segue un intimo scambio di effetti tra l’azione interiore e quella esteriore dell’uomo: esse si evocano l’un l’altra, si sostengono a vicenda e ciò che commuove fortemente il cuore dell’uomo – gioia e dolore, amore e ira, speranza e timore – affiora spontaneamente all’esterno, soprattutto se si tratta degli atti interiori di venerazione a Dio. La ricchezza della vita interiore, l’ardente devozione e l’amore dell’anima pia e beata non dovrebbero forse prorompere spontaneamente all’esterno e commuovere l’intera persona, tanto che essa non solamente “con gratitudine canta Dio nel cuore”, ma anche “in salmi e inni di lode e canti spirituali” (Col 3, 16) e, congiungendo le mani, in ginocchio, non dovrebbe prostrarsi a terra alla presenza dell’Altissimo? “Il mio cuore esulta e la mia lingua giubila” (Sal 15, 9) esclama giustamente il cantore regale. “Come di midollo e di grasso s’impingua l’anima mia e con labbra di giubilo Ti loda la mia bocca” (Sal 62, 6).

Viceversa, anche l’esterno innesca un effetto nell’interiorità: segni e atti visibili generano disposizioni emotive, accendono e nutrono l’ardore della devozione, rafforzano e rinfrescano la vita spirituale dell’anima. Gli atti interiori della venerazione di Dio ottengono perciò maggior perfezione, costanza e intimità quando essi si espandono anche nel corpo: cioè diventano, quasi, carne e sangue. Dove invece la funzione liturgica è trascurata, lì deperisce e appassisce molto presto anche la devozione interiore.

 

Si ringrazia RadioRomaLibera della collaborazione.

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