LA DIFFICOLTÀ DELLA VITA SPIRITUALE
+ In nomine Patris et Filii et Spiritus Sancti. Amen.
La vita umana è una lotta. Noi, deboli e miseri, siamo mandati via su una strada stretta e pericolosa attraverso un terreno pieno di nemici con l’avvertimento: ‘Siate perfetti!’ Bisogna esserlo pure, perché il nostro compito è niente meno che di raggiungere il Paradiso: idealmente senza passare neanche per il Purgatorio.
Il primo nemico nostro siamo noi stessi, cioè la natura umana caduta, la Carne, la triplice concupiscenza, la concupiscenza degli occhi, che cerca immoderatamente di possedere oggetti ed informazioni ossia con avarizia o con curiosità; la concupiscenza della carne (nel senso stretto), che cerca di soddisfare immoderatamente i sensi, le emozioni, l’immaginazione e la fantasia; la concupiscenza della propria eccellenza, cioè ‘la superbia della vita’ (o semplicemente la superbia), che cerca di adorare e glorificare se stessi al luogo di Dio.
La triplice concupiscenza viene assecondata dalle altre facoltà dell’anima, ferite anche loro dal Peccato Originale: l’intelletto che fa fatica a mantenersi nella contemplazione del Vero oggettivo: nella contemplazione di Dio e delle cose di Dio – ma cade spesso nell’errore e nelle cose di questo mondo; e la volontà, riluttante a sottomettersi all’ordine del Bene oggettivo, ai precetti di Dio ed a quelli della santa Madre Chiesa.
Il secondo nemico dell’uomo è il Mondo, che è nient’altro che il luogo di fioritura della natura caduta e la manifestazione esterna del disordine perverso interno, di cui i figli, vivendo sfrenatamente la triplice concupiscenza, seducono l’individuo a partecipare alla vita loro o lo terrorizzano se rifiuta. Il terzo nemico è il demonio stesso, creatore e maestro della natura caduta e principe del Mondo.
Inoltre al male morale, verso il quale l’uomo è violentemente spinto sia da dentro che da fuori, viene in aggiunta il male fisico e psicologico, conseguenze ulteriori del Peccato Originale. Una madre si rallegra alla nascita del figlio, ma, come fa notare Lucrezio, il bambino nasce piangendo: la vita, come la illustra Re Salomone nel libro Ecclesiastico, è caratterizzata infatti da sofferenza e morte, da incostanza, delusioni, ingiurie, fallimenti, umiliazioni, perdite di ogni tipo; contro tutto ciò bisogna coraggiosamente far fronte, superando ciò che possiamo superare ed accettando il resto. Tutto passa, tutto perisce quaggiù: solo Dio rimane, solo Dio è, assieme alla Sua Parola Eterna.
Solo alzando la mente ed il cuore verso di Lui, quindi, e verso la Sua Santissima Madre possiamo ottenere la stabilità e la pace. L’intelletto e la volontà, malgrado il loro indebolimento, mantengono comunque un orientamento verso Dio come Vero Assoluto e Bene Infinito, Che ci fornisce delle regole per attraversare il terreno ostile di questa vita e la forza per lottare contro il male.
La lotta alla quale si riduce tutto quaggiù è quella interna, perché il Mondo ed il demonio non fanno altro che stuzzicare e sollecitare le tendenze peccaminose e le concupiscenze che già si trovano dentro l’uomo. La lotta è dunque quella tra le facoltà inferiori e superiori dell’anima, tra la Carne e lo Spirito, tra l’uomo vecchio, soggetto al Peccato Originale, e l’uomo nuovo, dotato dalla Grazia.
Ma l’uomo nuovo, che possiede la buona volontà, sicuramente vincerà. Poiché non sopporterà a nessun costo di perdere Dio dalla propria anima, Dio lo assisterà nella lotta: Qui docet manus meas ad proelium, anzi lotterà in lui e gli presterà una collaborazione a questa lotta assieme ad una gran copia di meriti, che gli dà diritto ad un premio e ad una gloria sempiterni.
Dio e lui sono infatti strettamente uniti: ‘Voi in Me ed Io in voi’ (Gv 14.20), ‘Rimanete in Me ed Io in voi’ (Gv 15.4): l’uomo nuovo, vivendo in Cristo in quanto membro del Suo Corpo Mistico; e Cristo, vivendo in lui per la Grazia, col Suo amore, con le Sue virtù, coi Suoi doni, con le Sue grazie, le Sue dolci comunicazioni e comunione per assisterlo nel viaggio verso l’Eternità.
Dall’uomo vecchio non ci possiamo mai completamente liberare; lo possiamo solo indebolire ed incatenare, fortificandoci contro i suoi assalti brutali con le virtù, i sacramenti e la preghiera. Da principio la lotta sarà violenta, dopo più calma, mentre progrediamo lentamente ad uno stato paragonabile all’Integrità Originale prima della Caduta, quando le facoltà inferiori dell’anima erano ancor sotto il controllo completo della ragione e l’intelletto e la volontà fissi in Dio.
Così godremo di una pace maggiore, presagio della vittoria definitiva. ‘Ormai non sento in me né grandi gioie né grandi afflizioni’ scrive santa Teresa d’Avila (Vita 40. 22), ‘Se alle volte ne provo qualcuna, passa… presto… Anche se volessi rallegrarmi con chi sia contento o rattristarmi di quella pena, mi sarebbe impossibile… Il Signore ormai si è degnato di svegliarmi a quella vita in cui non si provano tutti quei sentimenti che prima erano in me così vivi, appunto perchè non ero né mortificata, né morta alle cose del mondo e non vuole più che io ricada nella mia passata cecità.
Quando infine avrò combattuto la buona battaglia, terminato la corsa, conservato la Fede (2 Tim 4.7-8), vedrò Colui per Cui ho combattuto, Che ha combattuto con me ed in me, Che m’ha portato Lui Stesso al termine della corsa, Che m’ha conservato la fede: e Lui mi incoronerà della ‘corona della giustizia’ e mi darà il premio che sarà Lui Stesso, alla gloria del Suo Santissimo Nome. Amen.
Si ringrazia RadioRomaLibera della collaborazione.