Ver. 18 – “Nessuno ha veduto mai Dio“, ecc. Rende ragione del fatto che né Mosè, né alcun altro, al di fuori di Cristo, ci abbia insegnato la perfetta verità in merito a Dio e alle cose divine: Egli solo, infatti, ha visto Dio. È come se dicesse: le cose di cui ho parlato finora, relative a Dio e al Verbo, sono così sublimi che, poiché nessun uomo mortale (quindi nemmeno Mosè), eccetto il Figlio di Dio, ha visto Dio, il Figlio incarnato è il solo in grado di dichiarare perfettamente queste cose. Così i Padri, in diversi loro scritti; questi, sulla scorta del presente passaggio, insegnano che Mosè non vide l’essenza di Dio, ma solo una certa sostanza luminosa assunta da un angelo, che in qualche modo rappresentava agli occhi di Mosè la gloria di Dio. Così dice san Gregorio in una tipica forma di commento biblico denominato “catena”: “Fintantoché viviamo qui nella carne mortale, si può vedere Dio, in un certo qual modo, per mezzo di immagini, ma non si può vedere nella Sua natura medesima“.
Simbolicamente, san Gregorio insegna (lib. 18, Moralia, cap. ult. et. penult.) che nessuno può vedere Dio e le cose divine, se prima non muore a questo mondo e ai suoi piaceri. Spiegando un passaggio del capitolo 28 di Giobbe, “[La Sapienza] è nascosta agli occhi di tutti i viventi“, suggerisce infatti l’argomentazione che segue: «”Chi vede la Sapienza, che è Dio Stesso, muore completamente, di fatti, a questa vita, per non essere sedotto dall’amore per quest’ultima”. Non La vede, di fatti, chi vive ancora nella carne, perché nessun uomo può abbracciare contemporaneamente Dio e il mondo. Infatti, chi vede Dio muore a sé medesimo, perché, sia nella volontà che nelle opere, è separato con tutta la propria anima dai piaceri di questa vita».
“Il Figlio Unigenito, che è nel seno del Padre“: in siriaco, “nel grembo“; secondo san Cirillo, “nel ventre“, perché questo è uno dei significati del greco κὸλπος. Si tratta di una catacresi. Per “seno” si intende, infatti, la massima unione possibile del Figlio con il Padre. Significa che il Figlio, che è intimissimamente unito e consustanziale al Padre, è partecipe della sapienza del Padre e consapevole dei suoi disegni più segreti. E poiché li conosce in modo così perfetto e intimo, Egli solo è in grado di dichiararli nella maniera più chiara e completa. Così, infatti, li ha dichiarati. Così i santi Crisostomo, Cirillo e Agostino. Sant’Atanasio osserva (lib. 3 de Unica Trin. substant.) che questa espressione, “Il Figlio Unigenito, che è nel seno del Padre“, viene usata per evitare che, quando si dice che si è fatto carne, si pensi che si sia diviso dal Padre. In verità, Egli rimane ed è con il Padre, come era in principio ed in eterno.
Ascoltate san Crisostomo, il quale ritiene che con questa parola, “seno“, si intenda dire che il Figlio non solo vede il Padre, ma lo comprende anche. “Molti“, dice, “conoscono Dio, ma solo il Figlio Unigenito sa quale sia la Sua sostanza”. Egli ha una conoscenza, una vista e una comprensione certe, come si addice a un figlio nei confronti del padre. Perché il Padre conosce Me, disse, ed Io conosco il Padre (Gv 10, 15). Osservate dunque con quale intensità parla l’Evangelista; infatti, quando dice “Nessuno ha mai visto Dio”, non prosegue dicendo: “Il Figlio che lo ha visto lo ha dichiarato”; prosegue, invece, dicendo: “Colui che è nel seno del Padre lo ha dichiarato. Infatti, chi vede soltanto non ha una conoscenza certa della cosa vista; ma, per chi abita nel seno del Padre tutte le cose sono chiare e certe. Perciò, quando sentite dire: Nessuno conosce perfettamente il Padre tranne il Figlio (Matteo 11, 27), non dite che, pur avendo una conoscenza del Padre maggiore di quella degli altri, non sa quale sia la sua natura; per questo l’evangelista dice: Egli è nel seno del Padre“.
C’è un’allusione alle parole di Davide in merito a Cristo nel salmo 109: “Dal mio seno, prima della stella del mattino, T’ho generato” (Vulg.). Cioè: “Dalla mia feconda intelligenza ho, per così dire, come Verbo detto questo e come Figlio Ti ho generato“. San Girolamo dice: “Dal seno – cioè – dalla Mia sostanza, dalla mia natura, dall’essenza stessa della Mia divinità, Ti ho generato“. Così anche Teodoreto dice: “Dal grembo“, cioè “dalla Mia sostanza. Infatti, come gli esseri umani generano dal grembo e ciò che partoriscono ha la stessa natura di chi lo partorisce, così Tu sei generato da Me e mostri in Te Stesso la sostanza di Colui che ha generato“. Inoltre, lo stesso Girolamo traduce questo versetto del salmo 109 così: “La rugiada della Tua giovinezza sorgerà per Te come dal grembo“; Aquila: “All’alba sorgerà per Te dal grembo la rugiada della Tua infanzia“. Significa: “Dalla Mia Divinità Ti ho generato Dio”; come nel Credo: “Dio da Dio”. Così i santi Ilario, Ambrogio, Agostino, Atanasio e altri contro gli ariani. “Rugiada” significa in ebraico lo stesso che “flos”, “fiore”, in latino. “Rugiada“, dice Salomon, “significa dolcezza, gioia, purezza della generazione celeste, come se fosse rugiada nata dalla primavera celeste“.
“Ce l’ha fatto conoscere“: cioè, ha spiegato ed esposto chiaramente ai suoi discepoli e, attraverso di loro, al mondo intero. Il greco è ἐξηγήσατο, che secondo san Crisostomo significa “spiegare chiaramente cose segrete e nascoste“, come Cristo ci ha spiegato i segreti del Padre riguardo alla Trinità e al Verbo, riguardo alla vocazione dell’uomo, alla grazia, alla risurrezione, alla gloria celeste, ecc. “Questa parola“, dice san Crisostomo, “è espressione di una dottrina più esplicita e certa: per questo Lo si chiama Verbo e (Angelo) di grande consiglio”.