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Ep. XXX – Dal culto alla chiara visione di Dio

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Ep. XXX - Dal culto alla chiara visione di Dio
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8. La religiosità, intesa come venerazione di Dio, deve crescere continuamente in noi ed essere apprezzata sempre più, se pensiamo che per Dio “l’amore mai tramonterà” (1Cor 13, 8), durerà in eterno e solamente nell’Aldilà raggiungerà il suo compimento e pienezza. “Beati quelli che stanno nella Tua Casa! Di continuo Ti posson lodare” (Sal 83, 5). La liturgia degli eletti in Cielo consiste nella chiara visione, nella beata carità ed eterna adorazione di Dio Uno e Trino. Nella Gerusalemme Celeste regna la gioia e il giubilo, il ringraziamento e il canto di lode (Sal. 51, 3). La pienezza della beatitudine trabocca in lode e giubilo di vittoria senza fine. La funzione liturgica della Chiesa è “una figlia dell’armonia celeste” con cui gli angeli e i Santi glorificano senza fine il loro Creatore e Redentore. Finché l’uomo vaga nel buio della “fede”, la sua liturgia si compie tramite segni comprensibili racchiusi in un involucro simbolico; quando poi è giunto alla chiarezza del “vedere” (2Cor 5, 7), allora tutte le celebrazioni simboliche cessano. La celebrazione simbolica, come è espressa dalla liturgia, dovrà avere fine non appena avrà raggiunto il suo compimento celeste, poiché lì non vedremo più come in uno “specchio”, attraverso la mediazione del creato; e non vedremo neanche più in modo “enigmatico”, sforzandoci di riconoscere Dio e le cose divine in maniera confusa e imperfetta, ma vedremo la divina Maestà e la Gloria “faccia a faccia”, cioè direttamente e senza veli (1Cor. 13, 12). Il nostro culto cristiano contiene sì la divina verità e la grazia, ma coperte da un velo di simboli misteriosi; e questi involucri simbolici devono scomparire non appena, al posto dell’oscurità della fede, irromperà la chiara stella del mattino della Trasfigurazione, della chiara visione di Dio e splenderà quindi il giorno pieno dell’eternità (2Pt 1, 19).

Con sgargianti colori e uno straordinario linguaggio metaforico, l’ultimo ed il più misterioso di tutti i libri della Bibbia descrive la sublime liturgia della Chiesa trionfante. Davanti all’occhio dello spirito del visionario estatico si apre la volta del Cielo: e ciò che egli ha visto e udito lassù ce lo manifesta. Nel Sancta Sanctorum egli vede il trono “del Re dei tempi del mondo”; attorno ad esso si allineano tutti i Santi e levitano i cori angelici. Essi contemplano la maestà e l’essenza di Dio in una bellezza splendente, simbolizzata da pietre preziose: nel diaspro bianco la Sua empirea santità, nel rosso rubino la Sua infuocata giustizia e nel delicato verde dello smeraldo il riflesso della Sua benevolenza e amore.

Rapiti da una tale visione, i Santi e gli angeli esplodono nel canto di giubilo che essi intonano giorno e notte all’Uno e Trino: “Santo, Santo, Santo è il Signore, l’Onnipotente, Colui che era, che è e che viene”. Così essi rendono gloria, onore e grazie a Colui che è seduto sul trono: a Lui che vive nei secoli dei secoli. E si prostrano davanti a Lui che siede sul trono e lo adorano e gettano le loro corone davanti al trono. Una voce esce dal trono: “Lodate il nostro Dio, voi tutti, Suoi servi, voi che Lo temete, piccoli e grandi!”. Si sente come una voce di molti popoli, come il rumore di molte acque e come il rombo di fortissimi tuoni che gridano: “Alleluia! poiché il Signore Iddio nostro, l’Onnipotente, ha instaurato il Suo Regno. Rallegriamoci ed esultiamo e diamo a Lui la gloria” (cfr. Ap. 4 e 19).

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