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Ep. XX – E il Verbo si fece carne

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Patristica
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Ep. XX - E il Verbo si fece carne
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E IL VERBO SI FECE CARNE

 

Commenteremo ora ogni singola parola di questo passo.

E“: questa parola unisce la frase a quelle che la precedono, in parte da un punto di vista storico, in parte da un punto di vista causale. Da un punto di vista storico: quel Verbo eterno, del quale ho illustrato la generazione divina e del quale ho detto che era presso Dio ed era Dio, nel tempo divinamente stabilito si fece carne, perché assunse la nostra carne dalla Beata Vergine e fu chiamato Gesù quando nacque da lei. Cosicché la congiunzione “e” può essere qui intesa come “perciò”. Si può leggere, in questo senso: “Perciò il Verbo si fece carne, affinché ci rendesse figli di Dio“. Per questo sant’Agostino dice: “Non stupiamoci o sbalordiamoci di tale grazia e non ci sembri una cosa incredibile che gli uomini siano nati da Dio, considerato che Dio stesso è nato dagli uomini“.

Il Verbo“: il greco ha l’articolo ed è enfatico – quel Verbo divino ed eterno di cui abbiamo parlato finora. Perciò sant’Atanasio (Lettera a Epittèto) cita Galati, 3 come passo parallelo e dice: “Infatti, come Cristo è chiamato maledizione, non perché Egli Stesso sia stato fatto maledizione, ma perché per noi si è fatto carico della maledizione, così viene detto che si è fatto carne, non perché Egli Stesso sia stato tramutato in carne, ma perché si è assunto per noi la carne“.

Il Verbo si è fatto carne” è spiegato in analogia alla maledizione da san Gregorio Nazianzeno (Lettera a Cledonio), san Flaviano, patriarca di Antiochia, sant’Ignazio, sant’Ireneo, sant’Ippolito, san Basilio, san Crisostomo, san Gregorio di Nissa, Anfilochio e altri, che sono citati da Teodoreto in un dialogo dal titolo “Immutabilis“. Si confutano in esso gli Eutichiani, secondo i quali il Verbo è mutato per mezzo della Sua Incarnazione e trasformato in carne. In un secondo dialogo, dal titolo “Inconfusus“, si confutano altri, secondo i quali la carne si è trasformata nel Verbo e il Verbo ha assorbito la carne come il mare inghiotte il torrente che vi affluisce. Altri ancora, secondo i quali la Divinità in Cristo aveva sofferto ed era stata crocifissa, sono confutati in un terzo dialogo chiamato “Impassibilis“.

Ascoltate ora san Cirillo nel Concilio di Efeso: “Con la parola ‘carne’ si deve intendere tutto l’uomo, come nel passaggio in cui si dice: ‘Ogni carne vedrà la salvezza di Dio’ e ‘senza consultare né carne né sangue’ (Galati 1). L’anima si intende in modo simile; per esempio: ‘Settantacinque anime dei nostri padri scesero in Egitto’ (Atti 7). Pertanto, ogni volta che sentiamo dire che il Verbo si è fatto carne, intendiamo che si è fatto uomo di carne e sangue“. San Cirillo lo ripete altrove e aggiunge: “Non secondo il trasferimento o la conversione o la commutazione, come se ci fosse una trasformazione nella natura della carne, né come se ci fosse una commistione o una consustanziazione, ecc.“.

Carne”, cioè uomo. Al Verbo egli oppone la carne, per così dire il più basso al più alto, ciò che è misero a ciò che è benedetto, ciò che è più vile, debole e impuro a ciò che è più glorioso. Infatti, cosa c’è di più vile, debole e sporco della carne umana? Eppure il Verbo di Dio si è degnato di abbassarsi a una carne come questa per amore nostro. È questa la φιλανθξωπία e l’estasi dell’amore che l’Apostolo celebra (Tito 3, 4). Ascoltate san Bernardo (Sermone 3 sulla Natività): “Poiché era in principio presso Dio, abitava nella luce inavvicinabile e nessuno poteva comprenderLo. Infatti, ‘Chi ha conosciuto il pensiero del Signore? O chi gli fu consigliere?’, ‘L’uomo carnale non capisce le cose dello Spirito di Dio’, ma ora anche l’uomo carnale può riceverle, perché il Verbo si è fatto carne. O uomo che sei nella carne, a te è stata manifestata quella sapienza che prima era nascosta. Ecco, ora esce dal suo nascondiglio e si introduce nei sensi stessi della tua carne. In modo carnale, per così dire, ti viene predicata. Fuggi dalla voluttà, perché la morte è stata posta accanto alla porta del piacere“.

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