FIGLI DI DIO
Ver.12 – “A tutti quelli però che l’hanno accolto, a quelli che credono nel suo nome, ha dato il potere di diventare figliuoli di Dio“: “che credono nel suo nome“, cioè in Lui, perché il nome significa la Persona di Cristo. Il pronome “che” non si riferisce a “figli di Dio“, bensì a “tutti quelli“. Questo si evince dal greco οἵ, che è maschile e si riferisce a οσοι, “tutti quelli” o “chiunque“, non a τεκνα (“i figli” o “i nati“), che è neutro. Il significato è: “a quanti hanno ricevuto Cristo, cioè a tutti coloro che credono nel Suo nome, ha dato il potere di diventare figli di Dio“. E così si spiega san Giovanni (1 Ep. 5, 1): “Chiunque crede che Gesù è il Cristo, è nato da Dio“.
“Potere“, in greco ἐξουσίαν, ovvero “dignità”, “autorità”, “diritto”: vale a dire, invero in virtù del fatto che ricevano Cristo con la fede e con il sacramento della fede, vale a dire il battesimo, o quantomeno con la fede formata mediante l’amore e tale da includere il voto o il desiderio del battesimo, il diritto di essere ad un tempo giustificati e di essere resi ed essere (il greco γενέσθαι di fatti significa entrambe le cose) figli adottivi di Dio per partecipazione e grazia, così come Cristo è Figlio naturale di Dio per Sua ipostasi divina.
Per questo Clemente di Alessandria (Esortazione ai Gentili) dice che Cristo con la Sua Incarnazione ha cambiato la terra in cielo e degli uomini ha fatto degli angeli, anzi degli dei e che dunque Egli è la bellissima auriga che guida al cielo, verso una beata immortalità, il carro, i cui due cavalli sono i Giudei e i Gentili.
Pertanto, la parola ἐξουσία, “potere“, significa sia la dignità dell’adozione divina, sia la libertà della nostra volontà di abbracciarla spontaneamente. Infatti, non si dice qui “Li ha fatti diventare figli di Dio“, bensì “Ha dato loro il potere“, cioè la libera volontà, “di diventare figli di Dio“, ammesso naturalmente che vogliano credere e obbedire liberamente a Lui. Calvino e Beza lo negano, ma Agostino lo afferma (De Spiritu et Littera, c. 31), affermando: “Questo, infatti, chiamiamo potere, quando alla volontà si aggiunge la facoltà di eseguire. Perciò si dice che ognuno abbia in potenza ciò che, se vuole fare, fa e che, se non vuole fare, non fa“. San Crisostomo, Teofilatto, Eutimio, Beda e altri affermano la stessa cosa in diversi passaggi. Ascoltate san Crisostomo: “Come il fuoco, qualora toccasse la terra metallifera, la trasformerebbe immediatamente in oro, così e in misura di gran lunga maggiore il battesimo fa sì che quanti lava siano oro invece che argilla. Infatti lo Spirito Santo, come un fuoco, nell’ora stessa in cui entra nei nostri cuori, ci toglie la nostra somiglianza con la terra e ci fa avere una sembianza celeste, nuova e luminosa, che risplende come in una fornace. E perché non ha detto: ‘Ci ha fatti diventare figli di Dio’? Per mostrare che ci occorre grande diligenza, per mantenere puro e immacolato il marchio di adozione impresso su di noi dal battesimo; in secondo luogo, perché nessuno può toglierci questo potere se prima non ce ne priviamo da noi stessi“.
Direte: la fede, così come la filiazione divina, è un dono di Dio, quindi non può essere a disposizione della volontà dell’uomo. Io rispondo respingendo questa inferenza. Dio, infatti, non concede la fede, la speranza, la carità e altre sue virtù e doni agli uomini contro la loro volontà o come a degli esseri irragionevoli, bensì come a creature ragionevoli, che liberamente cooperano con Lui. Infatti, come dice san Giovanni, Dio ha dato il potere di diventare figli di Dio a coloro che ricevono liberamente Cristo per fede e obbedienza, escludendo coloro che non vogliono riceverlo. “Questo potere è dato affinché coloro che credono in Lui diventino figli di Dio; questa cosa medesima, peraltro, è data affinché credano in Lui”, dice sant’Agostino (lib. I, Contra duas epistolas Pelagianorum, c. 3). Questo, poi, è dato da Dio, quando con la Sua grazia illumina e scuote l’anima dell’uomo in modo che essa stessa liberamente acconsenta e creda.
“Diventare figliuoli di Dio”. Ho mostrato come questo avvenga e quanto sia grande la dignità di questa filiazione in Osea 1, 10, a proposito delle parole: “Si dirà loro: Figli del Dio vivente“. Perciò Cirillo dice: “Eleviamoci alla nostra dignità soprannaturale per mezzo di Cristo, non tanto perché siamo fatti propriamente come Lui, ma perché, per mezzo della grazia, siamo fatti figli di Dio a somiglianza di Lui“.