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Ep. XXII – Il sacrificio della Croce di Cristo (prima parte)

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Ep. XXII - Il sacrificio della Croce di Cristo (prima parte)
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Il sacrificio della Croce di Cristo

(prima parte)

In quale senso dobbiamo ora intendere la morte in croce di Cristo come un vero sacrificio? In che misura si trovano in esso tutti gli elementi indispensabili a un sacrificio vero e proprio? Sull’altare della croce, Cristo, il grande Sommo Sacerdote, ha votato la Sua preziosa vita a una morte atroce a nome di tutto il genere umano per glorificare degnamente la divina Maestà, per conciliare pienamente la benevolenza e la grazia del Cielo e acquisirle di nuovo agli uomini.

a) Colui che compì il sacrificio sulla croce era Gesù Cristo: l’Uomo Dio, il Sommo Sacerdote. Era quindi una persona divina, il Figlio stesso di Dio, che poté compiere il sacrificio, tuttavia, solamente tramite la Sua natura umana, cioè con un atto di amore e di obbedienza, di sottomissione e di dedizione di cui la Sua santissima anima era piena e ardente. Questo atto sacrificale, essendo compiuto da una persona illimitata, fu infinitamente prezioso e meritorio.

b) Sulla croce fu sacrificato come vittima il Figlio di Dio nella Sua natura umana, cioè il Verbo eterno unito personalmente alla natura umana, che, tramite questa unione, acquistò una dignità infinita. Di conseguenza, Gesù Cristo non era semplicemente il sacerdote del proprio sacrificio, ma era anche il sacrificio del Suo sacerdozio, poiché Egli offerse Sé Stesso – il Suo corpo e il Suo sangue – a Dio sul legno della croce.

Infatti, secondo S. Pietro “l’autore della vita è stato ucciso“ (At 3,15); e S. Giovanni dice che “Dio ha dato la Sua vita per noi“ (I Gv 3,16); e, secondo S. Paolo, “il Signore della Gloria è stato crocefisso dai Giudei” e “Dio si è acquistato la Chiesa col Suo proprio sangue” (I Cor 3,8; At 20,28).

Nel sacrificio della croce l’uomo-Dio è nel medesimo tempo sacerdote sacrificante e agnello del sacrificio: sacrifica ed è sacrificato secondo la Sua natura umana. Egli è Sacerdote e compie liberamente il sacrificio della propria vita; Egli è l’Agnello che viene ucciso a gloria di Dio, poiché soffre e patisce dolore e morte.

c) L’atto sacrificale compete al Sacerdote e perciò anche sul Golgota deve essere compiuto dal Salvatore medesimo, Sommo Sacerdote. Questo atto, ovviamente, non consisteva nell’uccisione fisica in sé, che fu operata dai nemici e carnefici di Gesù, ma piuttosto nella libera accettazione e offerta della propria morte cruenta. I soldati, che massacrarono il Signore, Lo volevano uccidere e Lo hanno ucciso veramente in maniera violenta e crudele, senza però compiere un sacrificio: infatti, non hanno fatto un’opera gradita a Dio, ma hanno agito nella maniera più sacrilega.

Il Signore ricevette ciò che secondo il consiglio della Sua volontà aveva prescelto: Egli lasciò che le mani rabbiose dei senzadio, divenute utili al Redentore, infuriassero contro di Lui, sigillando così la propria rovina” (S. Leone Magno). Cristo completò sulla croce l’immolazione con sentimento sacerdotale, non costretto ma nella più assoluta libertà; con indicibili dolori versò il Suo sangue e, con obbedienza ricca di frutti e promesse, offrì la Sua preziosissima vita per riconciliare e glorificare la Maestà dell’Altissimo disonorata dal peccato.

Per essere un vero sacrificio, il patire e morire di Cristo doveva essere assolutamente volontario, cioè dipendere dalla Sua volontà umana, accettata e ordinata alla glorificazione di Dio. Che questo sia avvenuto, lo rileva ripetutamente e con forza la Sacra Scrittura. “Cristo è stato sacrificato perché Egli stesso lo volle” (Is 53,7).

La volontarietà della sofferenza e morte di Gesù consiste in primo luogo nel fatto che Egli lasciò martirizzare il Suo corpo ad opera di peccatori, benché avesse potuto impedirlo semplicemente con la Sua sola volontà umana; infatti, senza o contro la Sua volontà, nessuna forza al mondo, nemmeno tutta la rabbia dell’inferno, avrebbe potuto infliggerGli il minimo dolore. Quando arrivò la Sua ora, il Redentore si abbandonò nelle mani dei Suoi nemici, salendo sull’altare della croce. Infatti, la Sua semplice parola, “Sono Io” (Gv 18,6), gettò a terra tutti i soldati del gruppo, rendendo i Suoi avversari impotenti, poiché, a Sua richiesta, il Padre avrebbe mandato “più di 12 legioni di angeli”, cioè una innumerevole turba angelica (Mt 26,23).

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