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Ep. XXIII – E senza di Lui non è stato fatto nulla

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Patristica
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Ep. XXIII - E senza di Lui non è stato fatto nulla
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E senza di Lui non è stato fatto nulla (Vulg.). Nulla: cioè il male, come le cose corruttibili, la cui tendenza costante è al nulla dal quale sono emerse, come dicono i manichei. Essi infatti pensavano che le cose corporee e corruttibili non fossero state create da Dio, ma da un demone o da un dio malvagio. Il fatto, però, che questa interpretazione delle parole fosse falsa e insensata è dimostrato dal greco per “nulla” (οὐδε ἕν), “nemmeno una cosa”, a significare che tutto, senza una sola eccezione, è stato creato dal Verbo. Così l’arabo traduce chiaramente: “Tutte le cose sono state fatte per mezzo di Lui e senza di Lui non è stato fatto alcunché delle cose che sono state fatte“.

In secondo luogo, sant’Agostino per “nulla” intende il peccato: dunque, tutte le cose sono state fatte dal Verbo, a eccezione del nulla, vale a dire del peccato, il cui autore è il diavolo e la volontà malvagia, non Dio. Tuttavia, questa idea si dimostra insostenibile in questo luogo dal greco “οὐδʼἓν”, “nemmeno una cosa“.

Di ciò ch’è stato fatto. Qui si dà una triplice denotazione e conseguentemente una triplice lettura e un triplice significato. Il primo è: Senza di Lui non è stato fatto nulla, che sia stato fatto in Lui; poi l’interruzione, dopo la quale inizia una nuova frase: In Lui era vita, ecc. Così leggono e scandiscono i santi Ilario ed Epifanio e alcuni altri.

Questa lettura è però generalmente respinta in quanto contiene una palese tautologia.

Una seconda lettura è: Senza di Lui non è stato fatto nulla; poi un punto fermo, al quale segue una nuova frase: Ciò che è stato fatto in Lui era vita. Questa è la denotazione e la lettura di sant’Agostino, Tertulliano (Contro Ermogene), sant’Ambrogio (lib. 3 De Fide, c. 3), e di vari scritti dei Padri latini. Tra i Greci, poi, vi sono Clemente di Alessandria (lib. 1 Paedagogus c. 6.) e san Cirillo per questo passo. Sant’Agostino espone come segue. “Tutto ciò che è stato fatto e creato dal Verbo era nello stesso Verbo vitalmente e intellettualmente, prima di essere fatto e creato“. Era nelle idee e nei progetti eterni che esistono nel Verbo. Era quindi vita, cioè viveva nella mente e nell’idea del Verbo. San Cirillo spiega diversamente: “Tutto è stato reso vita nel Verbo; vale a dire: ha ricevuto e continua a ricevere vita, cioè vigore e conservazione del suo essere, finché esiste, dal Verbo“.

La terza lettura è quella dei testi siriaci, arabi e greci di san Crisostomo, Nonno, Eutimio e di Leonzio in Catena: Senza di Lui non è stato fatto nulla di ciò che è stato fatto; poi l’interruzione e quindi una nuova frase: In Lui era vita. Questa è di gran lunga la lettura migliore e in conformità ad essa è stata corretta la Bibbia a Roma e la maggior parte delle altre copie latine.

San Giovanni aggiunge questa frase contro i Macedoni, che argomentavano come abbiamo visto. Come se dicesse: “Quando dico che tutte le cose sono state fatte dal Verbo, non intendo lo Spirito Santo, ma solo le cose create e fatte“.

In Lui era vita, ecc. La vita è la cosa più straordinaria, mentre la morte è la peggiore. San Giovanni qui attribuisce al Verbo la Fonte della vita, perché in Lui “abbiam la vita, il movimento e l’essere” (At 17). Per questo i Greci chiamano il loro dio Zeus, da ζῆν, vivere, perché infonde la vita in tutti gli esseri viventi. Il senso di san Giovanni è quindi: “La nostra vera vita di grazia e di gloria era nel Verbo come sua origine e fonte. E per comunicare Sé Stesso come vita e luce agli uomini, scese fino a loro e si fece uomo. Come per mezzo del Verbo è stato creato il macrocosmo o grande universo, così per mezzo di questi è stato ricreato il microcosmo o piccolo mondo dell’uomo e richiamato dalla morte del peccato alla vita della grazia e della giustizia“. San Giovanni si spiega, aggiungendo: “E la vita era la luce degli uomini“. Nella sua prima Lettera parla così del Verbo della Vita (cap. 1, ver. 2). “E la Vita s’è manifestata e noi l’abbiam veduta e l’attestiamo e vi annunziamo la Vita eterna, che era presso il Padre ed è apparsa a noi“. E nel cap. 5, penultimo versetto: “affinché conosciamo il vero Dio e siamo nel vero suo Figliuolo. Questi è il vero Dio e la vita eterna” (Vulg.). Per questo san Giovanni chiama costantemente Cristo la Vita.

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